Cinema

Elio Germano nei panni di Baldini, partner di Fiorello

Elio Germano nei panni di Baldini, partner di Fiorello

È bravo, dicevano. Però le copertine le prendevano gli altri. Elio Germano sembrava destinato alla carriera da comprimario. Poi ha vinto il David di Donatello come miglior attore per Mio fratello è figlio unico di Luchetti. Ed è diventato l'attore rivelazione.Ametà luglio comincia Il mattino ha l’oro in bocca di Francesco Patierno sulla vita spericolata di Marco Baldini, la spalla di Fiorello alla radio, che in passato per i debiti di gioco per poco non l'ammazzavano. Il film è tratto dal libro autobiografico di Baldini. Arrivò a perdere 4 miliardi di vecchie lire, una notte gli strozzini lo sequestrarono, gli diedero una pala: Scavati la fossa... Pensava che era finita. «Non c’è la volontà di fare la sua imitazione. Non sarà una fiction su Sant'Antonio come quelle di Raiuno. Usiamo la vicenda per raccontare gli anni '80 e '90 a Milano, quelli che vogliono fare soldi nel minor tempo possibile». Cambiato qualcosa? «Sì, all'epoca c'erano i feticci, le moto, le donne. E l'idea del gioco d'azzardo le riassume tutte. Era una generazione che ha visto la disfatta di alcuni ideali, ha fatto del nulla la sua bandiera e fu spinta a inventarsi dei mestieri, come le radio private. C'era un aspetto di ribellione dionisiaca. Non cadrò nella trappola di imitare Baldini, non mi farò crescere i baffi. La cosa è divertente, non ci parliamo, mi dà i telefoni di chi l'ha conosciuto strada facendo». Elio mostra il David: «Ero imbarazzato, non me l'aspettavo. Io non sono per l'affermazione edonistica della propria immagine. La mia lotta è stata lavorativa, non ho rivincite con il mondo ma voglio campare delle mie capacità». Gli dicono che ha fatto tanti personaggi diversi. I Vanzina e Romanzo Criminale, Un medico in famiglia e Salvatores, Melissa P, Che ne sarà di noi. «Ma è il mio lavoro, non sono Elio Germano che fa i personaggi. Io rifiuto di apparire nelle foto accanto alle modelle, non mi guardo allo specchio, è un narcisismo diverso che mira alla buona riuscita di un lavoro di squadra. Un bel film è quello in cui l'attore scompare nella storia». Dice che l'interprete è cambiato perché è cambiato il cinema: «Ora la cinepresa ruba quello che ti accade intorno, non serve far capire ogni parola, per attirare l'attenzione c'è bisogno di far accadere qualcosa, per questo ci piacciono le immagini realistiche sporcate da Internet». Poi c'è Spielberg. «Mi piacciono gli effetti speciali, li guardo come un cartone animato». Ai David, il cinema italiano ha chiesto al presidente Napolitano più attenzione. Gabriele Muccino ha detto che i colleghi devono smetterla con le lagne e il provincialismo. «Noi non ci siamo lamentati, vogliamo dire la nostra sulla nuova legge. Le lamentele manifestano un dissenso, senno' sembra che va tutto bene. Bisogna chiedersi: cos'è per lo Stato il cinema e l'arte? È un servizio come la sanità o un business da lasciare ai produttori?».È un attore che aspira alla normalità. Racconta che prende l'autobus, «solo noi ci scandalizziamo, all'estero è normale». Un attore che prende i mezzi pubblici e che vive a Corviale, la periferia romana simbolo del degrado architettonico. Chissà quante gliene diranno dietro, in un mondo conservatore e fintamente aperto come il cinema italiano. «C'è tutta una mitologia negativa attorno a Corviale, il cuore dell'abusivismo, le leggende metropolitane sul palazzone di un chilometro che pare abbia fermato il ponentino. Mi trovo meglio lì che nei quartieri di finzione sociale; non frequento persone che giudicano sulla base di dove vivi, vedo gli amici con cui sono cresciuto. Emi sento privilegiato rispetto a loro. A 27 anni mi sono comprato casa: a Corviale, di 40 metri quadrati. Ci sono i problemi, le contraddizioni. Mi ricorda il posto dove sono nato, costruito da mio nonno come muratore. In principio era contadino, lavorava tra le pecore. Quando fece il militare era felice perché con l'uniforme gli davano le mutande. Lo ricorderò sempre». Dal Molise si trasferirono a Roma. Qui è nato il tormentone del regista Paolo Virzì: «È il De Niro italiano». «Alludeva scherzosamente al Molise, se una frase funziona diventa un ciclone che non si ferma più». Virzì su Germano ne inventò un'altra: Al tempo diN, il filmsuNapoleone in cui Elio è lo scrivano che attenta alla sua vita, disse che doveva odiarlo come odiava Berlusconi. «La frase funzionava e allora...».